Operazione per artrosi dell’anca: la protesi è indispensabile?

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Marcello Chiapponi

Fisioterapista e trainer con oltre 20 anni di esperienza nonché fondatore di L'Altra Riabilitazione. Negli anni, i contenuti da me realizzati sono stati fruiti da oltre 1 milione di persone e il mio canale YouTube di settore ha ottenuto il traguardo dei 500 mila iscritti e delle 65 milioni di visualizzazioni.

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Quando si parla di problemi all’anca, e più nello specifico di artrosi, il pensiero va immediatamente al possibile intervento chirurgo a cui ci dovremo sottoporre e ci troviamo a riflettere su alcune domande: “è davvero inevitabile?”, “non ci sono interventi meno invasivi?”, o ancora “quando dovrò cambiare la mia protesi?”.

Nella mia esperienza nel campo della riabilitazione, non solo ho notato quante convinzioni errate hanno i pazienti, ma soprattutto quanto si dimentichino dell’importanza del percorso preoperatorio.

Per approfondire questo tema ho avuto il piacere di coinvolgere chi, come me promuove l’esercizio muscolare pre-operatorio (e postoperatorio, ovviamente) per arrivare ad affrontare un eventuale intervento di protesi d’anca al meglio. Il Dott. Michele Massaro è un chirurgo ortopedico esperto di ginocchio e anca che ha l’autorità per parlarci di più dell’aspetto relativo alla chirurgia: quando è necessaria, quando si può posticipare e, soprattutto, qual è l’esito. Io, come fisioterapista, vedo realtà che sono già state operate o che stanno per farlo, ma è estremamente utile sentire chi ci “mette mano” in prima persona: il chirurgo.

 

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Rallentare il processo di artrosi con l’esercizio muscolare

(Marcello) L’artrosi dell’anca è qualcosa di facilmente individuabile e che lascia ben pochi dubbi di diagnosi; infatti, è facilmente riscontrabile fin dall’insorgere dei primi sintomi. Se ad una persona viene diagnosticata un’artrosi in fase molto precoce ed inizia, fin da subito, a dedicarci molte attenzioni (lavorando e potenziando i muscoli), che vantaggi ne può trarre? È possibile rallentare o perfino fermare il processo di artrosi?Per quanto riguarda il processo di artrosi (dove abbiamo la degenerazione della cartilagine articolare), difficilmente sarà possibile bloccarlo; tuttavia è possibile rallentarlo.

Per quanto riguarda l’attività fisioterapica o di rinforzo muscolare, possiamo riscontrare invece un doppio beneficio: non solo andremo a rallentare la degenerazione della cartilagine articolare, ma miglioreremo anche quella che sarà la sensazione dell’articolazione danneggiata. Infatti, lavorando sulla muscolatura che circonda l’anca artrosica e ottenendo un buon tono muscolare, oltre a ritardare il processo artrosico, riusciremo anche a renderla più mobile e a ridurre la sensazione di dolore. Il processo artrosico quindi non si può fermare, ma possiamo rallentarlo e migliorare la percezione del problema che abbiamo sul nostro corpo

Quanto condiviso dal Dott. Massaro si riflette perfettamente anche nella mia esperienza personale qui in studio: ho seguito numerosi casi di persone che avevano cessato di svolgere qualsiasi tipo di attività, lasciando degenerare completamente l’anca: la differenza con chi invece aveva continuato a lavorare sulla muscolatura con costanza era notevole.

Seppur il processo artrosico non si possa fermare, è possibile comunque trarre notevoli benefici e rallentarlo.

 

I grandi passi in avanti negli interventi chirurgici di protesi d’anca

Quando ho iniziato a fare il fisioterapista (circa vent’anni fa), l’intervento della protesi all’anca, finita la riabilitazione, non era propriamente una passeggiata per il paziente. Negli ultimi anni ho notato grandissimi passi in avanti, sia in termini di riduzione di tempi di ospedalizzazione che di messa in piedi(Marcello) C’è stata un’evoluzione simile anche nella chirurgia?

Sicuramente anche nel campo della chirurgia sono stati fatti grandi passi avanti. Per quanto riguarda il design protesico, c’è stato un miglioramento delle protesi sia per i materiali utilizzati che per le dimensioni più ridotte (una protesi più piccola, come una protesi a risparmio di collo femorale, permette di “demolire” meno, andando a tagliare solo la testa del femore, e non il collo del femore).

Anche la tecnica chirurgica con cui si impianta l’anca ha subito bei passi avanti: il passaggio fondamentale è stato non toccare la muscolatura, fondamentale per la riabilitazione. Oltre a nuove vie di accesso che hanno permesso quindi di non toccare la muscolatura, sono stati introdotti anche nuovi modi di suturare, che hanno consentito una migliore aderenza e guarigione dei tessuti fino all’ultima evoluzione (di cui il Dott. Massaro è stato uno dei pionieri, n.d.r.) che è quello di non mettere punti nemmeno sulla ferita chirurgica, permettendo una migliore riabilitazione.

Visti questi miglioramenti, anche la degenza sarà di conseguenza più rapida: la degenza media è di circa 5 giorni contro i 30-45 giorni previsti dalla tecnica classica, purtroppo ancora non del tutto obsoleta in Italia.

 

Un mito da sfatare: la scarsa durata della protesi d’anca

 

(Marcello) Per quanto riguarda l’autonomia della protesi, qual è la durata media?

 

Una delle domande che i pazienti fanno più spesso è: “tra quanto mi dovrò rioperare?”.

La protesi è composta da due componenti che vanno a contatto con l’osso (cotile e stelo). Nel giro di 60 giorni questi si integreranno con l’osso tramite il processo di osteointegrazione. Se il processo non subisce traumi o anomalie sarà definitivo: se non si riscontrano problemi, la protesi non dovrà più essere cambiata.

(Marcello)  Una volta si tendeva a posticipare l’intervento sulla base della durata della protesiAdesso è possibile quindi entrare nell’ottica di un intervento “definitivo”?

 

Seppur la protesi di per sé può non essere sostituita, ciò non significa che in futuro non sarà necessario un secondo intervento (soprattutto se il primo è stato fatto in età giovanile). Le due componenti metalliche (il cottile e lo stelo, che sono a contatto con l’osso) non sono da cambiare; tuttavia, gli altri due componenti che non sono a contatto con l’osso (la testa e l’inserto, volti a sviluppare il movimento della nuova articolazione), andranno necessariamente incontro ad un’usura, come tutte le parti meccaniche. Di conseguenza, nel secondo intervento non andremo a rifare una protesi, ma semplicemente a sostituire inserto e testina. Purtroppo, ancora oggi, molti pazienti credono erroneamente che, a distanza di tempo, sia necessario fare nuovamente tutta la protesi. Questo non è vero, al netto di complicanze.

 

Il rischio di complicanze

 

(Marcello)  Per quanto riguarda la tempistica di usura per le parti che non sono a contatto?

Il periodo di usura di queste componenti è di circa 25-30 anni, se parliamo di materiali di ultima generazione. Le due parti possono essere entrambe in ceramica (quindi sia inserto che testa in ceramica), o possiamo utilizzare un inserto in polietilene (parte incriminata in primis appunto per l’usura della protesi d’anca) e una testina in ceramica. Anche quest’ultima combinazione, tuttavia, è stata ormai migliorata: gli inserti sono addizionati con vitamina E, antiossidante e ritardante dell’usura del polietilene.

 

(Marcello) Quindi, anche qualora una persona in giovane età dovesse sottoporsi ad un intervento all’anca, non sarà necessario andare a rifare l’intera procedura nel secondo intervento.

 

Purtroppo molti dei pazienti con problemi all’anca e che dovranno probabilmente sottoporsi ad un intervento sono ancora convinti che, dopo un certo numeri di anni, la protesi debba essere rifatta: non è così. Un secondo intervento andrà programmato per sostituire le parti usurate come spiegato precedentemente, ma non si andrà a sostituire la protesi di per sé (cotile e stelo sono in titanio: una volta integrate con l’osso, non si consumeranno e non dovranno essere rimossi).

 

È giusto posticipare l’intervento il più possibile?

 

(Marcello) Alcune persone con problemi all’anca sanno bene che, prima o poi, dovranno sottoporsi all’intervento. Tuttavia, preferiscono stringere i denti e rimandare il più possibile il più a lungo possibile. Tuttavia, questo non è un approccio produttivo: non dovremmo mai arrivare “a non farcela più”.
Assolutamente d’accordo, tanto è vero che la risposta più comune di chi si è sottoposto ad un intervento di protesi d’anca è “avessi saputo che fosse stato così, l’avrei fatto prima”.

 

Ripensando a come era l’intervento di protesi d’anca all’epoca del mio primo tirocinio, si è fortunatamente riusciti a invertire completamente l’esperienza per il paziente.
Alcuni pazienti del nostro studio, dopo aver lavorato in maniera efficace sulla muscolatura, sono arrivati in condizioni talmente ottimali da pensare “ma ora che sono migliorato/a così tanto, ho davvero bisogno dell’intervento?”. La risposta è sempre sì: è proprio quando riesci ad ottenere una condizione ottimale il momento giusto per sottoporsi all’intervento.

 

 

Non dovremmo mai arrivare a “non farcela più”, perché poi renderà difficile anche la fase post-operatoria.

 

Se il paziente si è portato un’artrosi avanti per anni, magari zoppicando o trascinando la gamba, riscontrerà anche una debolezza muscolare oltre ad una rigidità articolare (se muovo poco l’anca, anche i tessuti intorno, nonché la capsula stessa dell’articolazione, si detrarranno). Su questa rigidità post-operatoria il fisioterapista dovrà impegnarsi molto per recuperare l’articolarità.

Non bisogna arrivare al punto di non riuscire più a camminare.

Ciò che dico ai miei pazienti è di capire quando la propria qualità della vita non è più soddisfacente. Se si ama fare una passeggiata ma questa diventa impossibile perché dopo qualche centinaio di metri bisogna sedersi, probabilmente è arrivato il momento di fare l’intervento. Se ogni notte mi sveglio e sono costretto a prendere un antinfiammatorio per riuscire a riposare, probabilmente è giunto il momento di sottoporsi all’intervento.

 

Soluzioni alternative all’intervento chirurgico: esistono davvero?

 

(Marcello) Prima di sottoporsi all’intervento all’anca, le persone nutrono comunque un po’ di timore. Alcuni preferiscono perfino cercare soluzioni alternative perché sono attratti dagli interventi meno invasivi (es. microchirurgie, infiltrazioni etc.). Alternative come l’artroscopia dell’anca possono essere valide?

 

L’artroscopia dell’anca ha vissuto una prima fase molto simile all’artroscopia del ginocchio di 25 anni fa. Quando si è scoperto che era possibile effettuare l’intervento per l’artroscopia del ginocchio in maniera abbastanza pratica e rapida, si è optato per fare l’artroscopia a tutti. Per quanto riguarda l’anca, la prima fase è stata simile: l’artroscopia è stata fatta anche a chi probabilmente non ne aveva bisogno.

Purtroppo però, se il problema è l’artrosi, allora l’artroscopia non porterà alcun beneficio; l’artroscopia dell’anca ha delle indicazioni estremamente selettive, che non riguardano l’artrosi. Per effettuare un’artroscopia non ci deve essere il danno alla cartilagine tipico da artrosi, ma solo altre piccole problematiche che possono creare limitazioni funzionali. L’artroscopia dell’anca è quindi assolutamente valida, ma ci sono specifiche indicazioni selettive da rispettare.

 

Conclusione

Anche in chirurgia, quando si tratta di degenerazione, l’artrosi si conferma come una delle problematiche più comuni. Le delucidazioni del Dott. Massaro sull’artrosi e sugli interventi per la protesi d’anca sicuramente aiuteranno i pazienti più reticenti ad affrontare con maggiore sicurezza e serenità l’intervento di protesi d’anca, preparandosi però con un percorso di riabilitazione preoperatorio che si rivelerà fondamentale anche nella fase postoperatoria.

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